
Cos’è il mobbing
Il termine mobbing deriva dal verbo inglese “to mob” cioè assalire, aggredire. È stato l’etologo Konrad Lorenz a coniare questa parola che egli utilizza per indicare il comportamento violento messo in atto dagli animali contro individui della stessa specie con lo scopo di escluderli dal gruppo di appartenenza.
Traslato in ambito lavorativo, si definisce mobbing l’insieme di comportamenti aggressivi, vessatori e persecutori esercitati nei confronti di un individuo e reiterati nel tempo. Si tratta di una forma di violenza psicologica sistematica, che va a ledere la dignità personale e professionale della persona e ne compromette la salute e il benessere psico-fisico.
Esempi di mobbing
Le azioni compute del mobber (colui che fa mobbing) sono varie:
- assegnare compiti e mansioni dequalificanti, che mortificano la persona (demansionamento)
- sminuire o umiliare di fronte al capo, ai colleghi o ai clienti
- offese e rimproveri, critiche immotivate e comportamenti ostili
- fare pettegolezzi, mettendo in giro voci non veritiere sul conto della persona
- spostare di ufficio senza valida motivazione
- sovraccaricare di lavoro
- molestie sessuali sul lavoro
- sabotaggio del lavoro
Cause del mobbing
Molte possono essere le motivazioni che spingono un individuo a comportamenti scorretti che possono configurarsi come mobbing. Solitamente, però, si possono definire due ragioni principali: l’interesse oppure questioni di tipo personale.
Nel primo caso, il mobbizzatore cerca di mettere in difficoltà il proprio collega oppure un sottoposto con l’intento di procurarsi un beneficio o un vantaggio di tipo personale. Pensiamo, per esempio, a coloro che nell’intento di ottenere una promozione e un corrispondente aumento di stipendio, umiliano i propri colleghi e cercano di metterli in cattiva luce con il datore di lavoro.
Arrivismo e competizione spesso spingono le persone a mettere in atto questo genere di azioni.
D’altro canto, è possibile che il mobbizzatore provi un profondo astio nei confronti del proprio collega e/o sottoposto causato da conflitti pregressi non risolti o incompatibilità. Lo scopo del mobber è quello di indurre la persona a dare volontariamente le proprie dimissioni, lasciando il posto di lavoro.
Tipologie di mobbing
Il mobbing può essere classificato in tipologie diverse a seconda di chi sia l’artefice dei comportamenti vessatori:
- mobbing orizzontale
- mobbing verticale
- mobbing dal basso (mobbing down-up)
- mobbing collettivo
Mobbing orizzontale
Parliamo di mobbing orizzontale (o mobbing ambientale) quando gli autori della violenza psicologica sono i colleghi. Si tratta cioè di qualcuno che si pone sul suo stesso livello professionale, non di un superiore, che si tratti del capoufficio o di un manager.
La vittima subisce calunnie e dispetti di ogni tipo che la inducono a isolarsi sempre di più all’interno dell’azienda. L’obiettivo è sempre quello di spingerla a lasciare il lavoro oppure impedirle di fare carriera.
Questo fenomeno, purtroppo, è in larga diffusione, complice anche la crisi economica e occupazionale, che determinano una forte competizione anziché agevolare rapporti sereni e collaborativi.
Secondo una recente sentenza del tribunale di Firenze, il mobbing orizzontale si configura nel momento in cui il datore di lavoro è informato delle condotte tenute dai dipendenti nei confronti di un loro collega e non prende alcun provvedimento per impedire che ciò accada.
Mobbing verticale
Ci troviamo nell’ambito del mobbing verticale o del bossing, quando colui o colei che lo pratica è il datore di lavoro o un superiore nella scala gerarchica aziendale.
Solitamente, esso si esemplifica per mezzo azioni di questo tipo:
- vigilanza ossessiva del lavoratore
- revoca immotivata di benefits aziendali
- sanzioni disciplinari prive di una ragione
- mansioni dequalificanti
Spesso lo scopo è quello di forzare un dipendente alle dimissioni volontarie perché lo si ritiene poco produttivo o poco competente, ormai scomodo per l’azienda. È un vero e proprio abuso di potere, poiché il mobber può approfittare della propria posizione di forza per accanirsi sulla vittima, impedendogli di realizzarsi sul posto di lavoro e rendendogli la vita davvero molto difficile.
La situazione si aggrava se ci sono anche dei side mobbers (o co-mobbers), cioè se gli altri dipendenti affiancano il capo, ne assecondano le azioni e si rendono complici della vessazione oppure non difendono il proprio collega, pur essendo consapevoli di quel che sta succedendo.
Questo potrebbe accadere sia perché gli altri non hanno il coraggio di mettersi contro un superiore e temono di inimicarselo e compromettersi, sia perché loro stessi hanno interesse che la vittima se ne vada. Oppure semplicemente non vogliono esporsi per quieto vivere.
Mobbing dal basso
Il mobbing dal basso (mobbing down up) si verifica quando uno o più dipendenti mettono in discussione l’autorità del capo. Il mobber, di fatto, si trova in una posizione inferiore rispetto alla vittima di quei comportamenti lesivi che abbiamo indicato all’inizio.
È una sorta di ammutinamento professionale.
Un esempio potrebbero essere gli operai di un reparto produttivo che si ribellano tutti insieme al proprio superiore, che si trova così fortemente isolato, con le spalle al muro. Uno contro tanti, che mirano a rovinare la sua credibilità personale e professionale.
Non è una situazione molto frequente in verità ed è per questo che se ne sente parlare così poco, perlomeno in Italia.
Mobbing collettivo
Infine, parliamo di mobbing collettivo quando i comportamenti vessatori vengono esercitati contro più di una vittima, contro un gruppo di lavoratori. È una casistica che può verificarsi in alcune situazioni particolari come:
- ristrutturazione aziendale
- prepensionamento
- cassa integrazione

Le conseguenze psicologiche del mobbing
Chiunque, sottoposto a continui soprusi e maltrattamenti, umiliato in modo sistematico, subisce una pressione e uno stress psico-fisico estremi. Il benessere del singolo viene pesantemente compromesso e possono insorgere veri e propri disturbi psicologici come:
- forte alterazione del tono dell’umore con conseguente depressione
- attacchi di panico e disturbi d’ansia quali disturbo d’ansia generalizzato oppure disturbo da stress post-traumatico
- alterazione dell’equilibrio psicofisico con comparsa di disturbi del sonno e problemi di concentrazione e memoria
- disturbi alimentari
- alcolismo
- bornout, sindrome che si manifesta attraverso esaurimento nervoso, sintomi di depersonalizzazione e mancata realizzazione personale
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