
Sesso biologico, orientamento sessuale identità di genere
Sesso biologico, orientamento sessuale e l’identità di genere non sono la stessa cosa. Si tratta di tre elementi differenti che insieme concorrono a definire l’identità sessuale di un individuo.
Il sesso biologico è quello che ci viene assegnato alla nascita sulla base della valutazione di varie caratteristiche: il patrimonio genetico, gli organi genitali e il quadro ormonale.
Sulla base di questi criteri, il bambino viene definito maschio (M) oppure femmina (F).
Tuttavia, esistono anche individui che non possono essere incasellati in questa visione binaria e vivono una condizione di intersessualità. Questo termine viene utilizzato per raccogliere l’esperienza di tutti coloro che nascono con caratteristiche sessuali che non corrispondono alla definizione standard di corpo maschile o corpo femminile.
Un esempio di intersessualità è rappresentato dalla sindrome di Morris, nota anche come sindrome da insensibilità agli androgeni. Essa viene determinata dall’incapacità delle cellule di rispondere agli ormoni maschili (gli androgeni appunto). L’individuo, pur avendo un corredo cromosomico XY e quindi maschile, sviluppa caratteristiche tipiche del sesso femminile.
Altra situazione intersessuale è lo pseudoermafroditismo, per il quale l’individuo presenta un aspetto del sesso opposto rispetto a quello che dovrebbe essere determinato dai suoi cromosomi.
L’orientamento sessuale, invece, indica da chi siamo attratti dal punto di vista affettivo e sessuale.
- Si definisce eterosessuale colui o colei che è attratto da persone del sesso opposto
- Si definisce omosessuale (gay o lesbica) colui o colei che si sente attratto da persone del proprio stesso sesso
- Si definisce bisessuale colui o colei che sperimenta un’attrazione nei confronti di persone di entrambi i sessi
A queste tre categorie comunemente riconosciute occorre aggiungere anche l’asessualità che è tipica di coloro che non provano attrazione per alcun genere.
L’identità di genere, invece, ha a che fare con la percezione che ciascun individuo ha di sé in quanto uomo, donna o altro, per esempio non binario. Quest’ultimo termine si riferisce a tutti coloro che non si riconoscono in modo esclusivo in uno dei due generi e non si identificano né come maschi né come femmine.
Non è così scontato che identità di genere e sesso biologico siano allineati. Talvolta, questi due aspetti possono non coincidere.
È allora che parliamo di disforia di genere.
Disforia di genere: una definizione
Esistono persone che nascono in un corpo femminile, con tutte le caratteristiche biologiche e anatomiche connesse, e sentono di essere donne. Allo stesso modo, esistono persone che nascono in un corpo maschile e si percepiscono come uomini.
Entrambe queste categorie di persone, guardandosi allo specchio, si riconoscono nell’aspetto che hanno. Si sentono perfettamente a loro agio col proprio sesso biologico.
Sul fronte opposto si collocano coloro che, invece, sperimentano un’incongruenza tra come appaiono e come si sentono. La loro identità di genere non coincide con il sesso assegnato alla nascita. Pur avendo caratteristiche maschili o femminili, sentono con forza di appartenere al sesso opposto.
Stiamo parlando di disforia di genere, una condizione che comporta profonda sofferenza. Chi ha la disforia di genere si sente imprigionato in un corpo che non riconosce come il proprio. Lo percepisce come estraneo, sbagliato e lo rifiuta.
Questa sensazione si accompagna a un malessere psicologico che si manifesta spesso sotto forma di ansia, depressione, disturbi alimentari e a difficoltà di inserimento in ambito sociale e lavorativo.

I sintomi della disforia di genere e la diagnosi
Dal 2018, la disforia di genere non è più classificata come patologia psichiatrica ma rappresenta una condizione della salute sessuale.
Per effettuare una diagnosi di disforia di genere, ci si attiene ai criteri diagnostici enunciati dal DSM-5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali nella sua quinta edizione, pubblicata nel 2013.
Devono esserne presenti almeno due per un tempo di 6 mesi (o più):
- Marcata incongruenza tra genere esperito o espresso e caratteristiche sessuali primarie (gli organi dell’apparato riproduttivo) e/o secondarie (tutti quegli aspetti che emergono nel corso dello sviluppo, per es. per le femmine lo sviluppo del seno, l’allargamento del bacino oppure per i maschi il tono della voce che si fa più grave, lo sviluppo della muscolatura)
- Desiderio molto forte di liberarsi delle proprie caratteristiche sessuali primarie e secondarie a causa della mancata congruenza tra sesso biologico e identità di genere. Nel caso di adolescenti, essi manifestano il desiderio di prevenire lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie previste dal loro sesso di nascita
- Forte desiderio di appartenere al genere opposto (oppure a un genere diverso da quello assegnato alla nascita)
- Forte desiderio di possedere le caratteristiche sessuali primarie o secondarie del genere opposto
- Forte desiderio di vivere ed essere trattato dagli altri come un membro del genere opposto, quindi di essere riconosciuto nella propria identità
- Convinzione forte di possedere sentimenti e reazioni tipici del genere opposto
È possibile che i primi sintomi della disforia di genere si manifestino già nell’infanzia, intorno ai 2/3 anni.
Nei bambini si osservano comportamenti come:
- desiderio di indossare abiti e giocare con giochi generalmente associati all’altro sesso
- insofferenza e disagio verso i propri genitali e desiderio di sbarazzarsene
- affermazione di essere del sesso opposto
- disagio nei confronti dei cambiamenti del proprio corpo associati allo sviluppo durante la pubertà.
Naturalmente, se un maschio si mette a giocare con le bambole della sorella più grande oppure interpreta personaggi femminili, ciò non significa necessariamente che stia dando segni di disforia di genere. A quell’età, è del tutto normale che i bambini esplorino e sperimentino ruoli e modi di essere diversi. Anzi, è molto positivo che i genitori si dimostrino elastici e lascino esprimere il proprio figlio nel modo che sente più naturale.
Nel caso in cui si sospetti la presenza di un disagio, è sempre bene rivolgersi a un professionista che saprà valutare la situazione e indirizzare i genitori.
Disforia di genere: dalla diagnosi alla transizione
Alcune persone con disforia di genere (transgender) sentono il forte bisogno di modificare il proprio corpo e aspetto esteriore per farlo corrispondere a come si sentono dentro. Per questo motivo, intraprendono un percorso di transizione che, spesso, si conclude con la riassegnazione chirurgica del sesso.
Questo, però, non è un percorso obbligato.
Non per tutti l’iter è identico né tantomeno tutti avvertono la necessità di sottoporsi a un intervento.
Prima di intraprendere un eventuale percorso di transizione (anche detto percorso di affermazione di genere o gender affirming) è necessario che il paziente venga valutato da uno psichiatra o da uno psicoterapeuta abilitato. Nel corso dei colloqui, il professionista può avvalersi di diversi strumenti, come test e questionari, utili a indagare in modo più approfondito la personalità dell’individuo e il suo disagio.
Dopo aver ottenuto una diagnosi di disforia di genere, è possibile valutare la prescrizione della terapia ormonale sostitutiva da parte di un endocrinologo.
Tale trattamento, attraverso l’assunzione di ormoni come gli estrogeni o il testosterone, consente di femminilizzare o mascolinizzare il corpo della persona transgender. Il dosaggio e la tipologia verranno discussi con il medico che informa il paziente anche di eventuali effetti collaterali. I risultati ottenuti con la terapia ormonale possono avere una forte spinta confermativa nel soggetto oppure indurlo a riconsiderare il percorso.
Occorre precisare che tale terapia, con gli opportuni aggiustamenti, proseguirà per tutta la vita.
Solitamente, a questo punto del percorso, la persona transgender comincia a vivere e sperimentarsi nel mondo esterno nei panni del genere prescelto. È il cosiddetto test di vita reale (Real life test).
Successivamente, potrà essere avviata la procedura legale per il cambio dei documenti, con istanza al tribunale, e per accedere agli alle operazioni chirurgiche.
Comprendere la disforia di genere
Qui sotto potrai trovare un breve video dedicato alla disforia di genere e al percorso di transizione o riassegnazione del sesso, realizzato dal dottor Simone Ordine, psicologo e psicoterapeuta del Centro.
Tra i temi trattati:
- la diagnosi di disforia di genere
- le difficoltà incontrate da chi soffre di disforia di genere
- l’importanza di un percorso di accompagnamento psicologico per le persone transgender e per i loro familiari
Sostegno psicologico e psicoterapia per disforia di genere Roma Cipro/Ottaviano
Lungo questo percorso, il sostegno psicologico e la psicoterapia sono fondamentali.
Il paziente con disforia di genere deve essere accompagnato nelle varie fasi della sua transizione per comprendere ed elaborare i grandi cambiamenti a cui va incontro, passo dopo passo.
La psicoterapia offre alla persona transgender uno spazio sicuro all’interno del quale riflettere ed esplorare la propria identità, senza timore di giudizio. Ciò consente di alleviare la sofferenza percepita anche a causa della transfobia interiorizzata, cioè dell’atteggiamento negativo che l’individuo stesso prova nei confronti della propria condizione a causa di pregiudizi e della discriminazione assorbiti dalla società che spesso non accetta chi non è conforme.
Ma il sostegno dello psicologo è importante anche per poter elaborare il lutto. Chi va incontro a un processo di riassegnazione del sesso, infatti, sperimenta la perdita di una parte di sé, anche dal punto di vista fisico nel caso in cui si intervenga chirurgicamente.
Attraverso la psicoterapia, nel paziente si fa strada la consapevolezza che acquisire caratteristiche del sesso opposto, non significa abolire o cancellare l’altra componente maschile o femminile che sia. La nostra psiche, infatti, è un intreccio indissolubile di maschile e femminile. Con questo passaggio, si fa emergere e si dà più spazio all’una o l’altra parte, lasciando l’altra sullo sfondo. Quella componente resta in sordina, più sfumata. Ma c’è, deve esserci, non può sparire per sempre.
Il supporto di uno psicoterapeuta esperto è necessario anche per capire fino a che punto ci si vuole spingere. Ciascuno, infatti, deve sentirsi libero di poter scegliere quando fermarsi o in quanto tempo terminare l’iter di riassegnazione del sesso. Non tutte le persone transgender sentono la necessità di intervenire sul proprio corpo, con l’eventuale rimozione del seno (mastectomia bilaterale) e l’asportazione dei genitali, a cui segue un’operazione chirurgica di ricostruzione.
Si tratta di un passaggio molto delicato.
Prima di decidere, per mezzo della terapia, la persona transgender ha la possibilità di esplorare pensieri, emozioni, dubbi e sentimenti legati alle varie tappe della transizione e comprendere in quale forma si sente più a suo agio. Lo scopo ultimo, infatti, è scegliere ciò che fa stare davvero bene, senza sentire su di sé pressioni che vengono dall’esterno.
La psicoterapia ha un ruolo centrale anche nelle fasi successive all’intervento chirurgico, come strumento necessario a integrare due realtà, il prima e il dopo. La persona transgender che affronta una transizione, infatti, potrebbe avere la tentazione di tagliare i ponti con il passato, perdendo i contatti con la vita precedente al cambiamento.
Compito del terapeuta è consentire una continuità.

Psicologo Disforia di genere Roma Prati
Presso il nostro studio di psicologia e psicoterapia a Roma Prati, sono presenti numerosi professionisti qualificati, psicologi e psicoterapeuti esperti nel trattamento della disforia di genere, capaci di accompagnare il paziente nel suo percorso e sostenerlo e aiutarlo nel corso della transizione.
Contattaci al 327 297 1456. Un terapeuta del centro prenderà in carico la tua richiesta. A seguito di un colloquio telefonico preliminare, in cui riceverai tutte le informazioni necessarie, potrai fissare un appuntamento per una prima seduta.
Il nostro centro si trova in Circonvallazione Trionfale 145, 00195 Roma, zona Prati.
Il Centro di psicologia e psicoterapia Il Filo di Arianna può essere raggiunto comodamente anche con i mezzi pubblici, vista la vicinanza con due fermate della metropolitana linea A: Cipro e Lepanto.
Bus:
n° 70, 23, 291, 496, 31, 33, 495 (dalle fermate metro Cipro, Flaminio e Valle Aurelia).
Nel caso in cui ce ne fosse bisogno, si potrà valutare anche di seguire una psicoterapia a distanza, avvalendosi di colloqui online attraverso videochat Zoom