Psicosomatica: la pelle come specchio della psiche

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Il disagio sulla pelle

Pensiamo a ciò che di più profondo possediamo…

a qualcuno verrà forse in mente l’anima, o il cuore, o il respiro, la nostra essenza più intangibile.

Pensiamo adesso, invece, a ciò che di più superficiale abbiamo…in molti penseranno alla PELLE.

La nostra pelle ci riveste, ci fa da involucro.

Eppure queste due polarità – profondo vs superficie – si evidenziano come tutt’altro che scisse nel momento in cui la nostra pelle si ammala, soffre, invia segnali di aiuto, provoca dolore, prurito, disagio.

È allora che diventiamo più sensibili a domande come:

  • Cosa mi sta succedendo?
  • Perché proprio adesso la mia pelle sta cambiando aspetto?
  • In che rapporto è il mio stato interiore con la mia superficie?

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La psicosomatica: il legame tra corpo e mente

Ufficialmente, la medicina psicosomatica si afferma negli anni ’40, ma il tema del rapporto fra mente e corpo è antico e tutt’ora aperto, suscettibile nei confronti di contributi trasversali a varie discipline scientifiche ed umanistiche.

Tutta l’opera di Ippocrate (padre della medicina occidentale – 450 a.C. circa) è improntata alla visione olistica del malato, nel tentativo di integrare le concezioni organiciste, che riguardano l’osservazione dei fenomeni esclusivamente somatici cioè corporei, con quelle più filosofico-umaniste.

Già nella cultura greco-romana l’importanza della salute dell’anima e della mente per la salute del corpo è un tema ricorrente: è di Giovenale (55d.C./140d.C.) il noto detto Mens sana in corpore sano.

La contraddittoria dialettica fra il taglio più oggettivo e dedito allo studio della fisiologia del corpo umano da un lato, ed il taglio più attento alle correlazioni fra corpo e stati interni dell’individuo dall’altro, raggiunge il suo apice nel passaggio dall’Illuminismo al Romanticismo, rispettivamente orientati alla fiducia nella scienza ed all’introspezione sentimentale.

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Nel ‘900 si avviano vari tentativi di sintesi fra le due polarità, ma è solo con l’avvento della Psicanalisi di Freud che prende il via l’esplorazione dei meccanismi inconsci legati alla malattia fisica e psicosomatica: ci avviciniamo così all’idea di una entità mente/corpo come una Unità.

Partiamo dal presupposto che il termine Psicosomatica è di per sé discutibile, in quanto allude ad un dualismo di stampo cartesiano che implica una separazione fra mente e corpo, ormai in larga parte superata in favore di una visione globale dell’uomo.

Mente e corpo sono infatti talmente in relazione di reciproca interdipendenza, che potremmo dire che costituiscono una sola cosa.

La pelle, termometro emotivo e specchio dell’interiorità

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Dal punto di vista psicodinamico, la pelle stabilisce cosa è “Dentro” e cosa è “Fuori”, è limite, è confine, è individuazione del Sé rispetto all’Altro-da-me , ma attraverso il contatto ed il tatto è anche legame, unione, rapporto, vicinanza, a volte dolorosa fusione.

Una pelle lacerata è spesso simbolo e segnale di uno strappo interiore, di una separazione in tempi non maturi, dove il tempo non è solo quello cronologico ma anche quello psicologico e soggettivo.

Ecco allora che la pelle si fa termometro emotivo, attraverso il quale traspare lo stato interiore della persona dermopatica (etimologicamente “che soffre nella pelle”): la sua superficie segnala come quella persona stia.

Telegrafo per il mondo esterno e specchio per il mondo interno, la nostra pelle porta in sé le tracce della storia dell’individuo con i significati affettivi ad essa associati: sentirsi sporchi, colpevoli, indegni, bisognosi di perdono, di amore, di coccole e protezione.

La ricchezza dei significati semantici della pelle è infinita…

basterebbe ascoltare un uomo parlare delle proprie cicatrici per rendersene conto.

Penso che il corpo sia come un libro su cui scriviamo la storia delle nostre emozioni; quando vissuti di angoscia e sofferenza vengono cancellati dalla coscienza, essi possono essere scaricati sul corpo.

Ciò avviene spesso in mancanza della possibilità di elaborare e mentalizzare gli stati emotivi, l’ambiente psico-affettivo della persona sofferente, i vissuti relazionali, ossia gli aspetti interiori, con una conseguente deviazione e canalizzazione sul corpo-pelle dei conflitti e/o nodi irrisolti.

Quello che non si può dire né pensare lo si agisce nel concreto del linguaggio corporeo.

Articolo a cura della dottoressa Federica Elia, psicologa e psicoterapeuta del Centro di psicoterapia Il Filo di Arianna

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