La forma più comune di psicoterapia è quella individuale che prevede un rapporto uno a uno tra paziente e terapeuta, fondato su fiducia e rispetto reciproco. Si lavora insieme, fianco a fianco, per raggiungere un obiettivo comune: produrre un cambiamento benefico per l’individuo.
Lentamente, seduta dopo seduta, riusciamo a sciogliere alcuni nodi e ad alleviare la sofferenza che ci ha indotti a chiamare per prendere quel primo appuntamento.
Nell’incontro e nello scambio con l’altro, acquisiamo maggiore consapevolezza su noi stessi e questo ci permette di riconoscere e prenderci cura delle nostre ferite interiori.
Tutto questo si amplifica e potenzia nella terapia di gruppo, soprattutto in quelle situazioni in cui i problemi che dobbiamo affrontare hanno a che fare con le relazioni, del nostro passato e del nostro presente.
Il gruppo e il nostro universo relazionale
Fin da quando veniamo al mondo, viviamo all’interno di contesti di gruppo.
Il primo gruppo in cui veniamo inseriti è quello della nostra famiglia, composta dai nostri genitori (o da chi si prende cura di noi) e da eventuali fratelli e sorelle. Persone che vivono insieme, a stretto contatto e che devono trovare un equilibrio tra di loro.
Pian piano cresciamo, è il nostro orizzonte si allarga.
Cominciamo a frequentare la scuola ed entriamo in un gruppo classe, venendo a contatto con bambini e ragazzi della nostra stessa età.
I compagni di università, i colleghi in ufficio, gli amici con cui esci il sabato sera per mangiare una pizza: sono tutti gruppi in cui si creano dinamiche relazionali sempre diverse, tra simpatie e antipatie, litigi e riappacificazioni.
Siamo costantemente immersi in situazioni di tipo collettivo.
Di fatto, non possiamo prescindere dalle relazioni, che innervano la nostra realtà.
In un certo senso, il gruppo di terapia è una replica in scala ridotta del nostro universo relazionale, di quella rete sociale complessa di cui facciamo parte, volenti o nolenti.
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Timidezza e ansia sociale: il gruppo che cura
Spesso, purtroppo, è proprio all’interno delle situazioni di gruppo che emergono le difficoltà relazionali.
La forma più blanda è rappresentata dalla timidezza, un tratto caratteriale che ti induce a essere più riservato, a stare sempre sulle tue. Ti blocchi all’idea di avvicinarti a qualcuno e intavolare una conversazione. Non ti piace stare al centro dell’attenzione e tendi a ricercare la compagnia di poche persone, ben selezionate, con cui ti senti a tuo agio.
Questo comportamento spesso dipende dal fatto che temi il giudizio degli altri: hai paura di essere giudicato o criticato per quello che sei e che fai.
Ti senti del tutto inadeguato e quindi cerchi in ogni modo di passare inosservato.
Quando la timidezza è così marcata da interferire con le normali attività quotidiane, allora si sfocia nella fobia sociale, che è vero e proprio disturbo d’ansia.
Quando si sperimenta questo tipo di disagio, la psicoterapia di gruppo rappresenta la via più indicata per superare il disagio e ritrovare il bello di stare in relazione con gli altri.
Innanzitutto, la terapia di gruppo consente all’individuo di esporsi alla situazioni che teme:
- prendere la parola di fronte ad altre persone
- avere interazioni
- stare sotto lo sguardo di altre persone
ma sempre all’interno di un contesto accogliente, protetto e sicuro, in cui si lavora con spirito di condivisione e apprendimento.
Inoltre, la terapia di gruppo consente di rompere l’isolamento sociale e di farci sentire molto meno soli nel nostro dolore.
Spesso, infatti, chi affronta un problema di tipo psicologico, matura l’erronea convinzione di essere l’unico a vivere quell’esperienza.
Condividendola con gli altri partecipanti, invece, riesce ad avvertirne il carattere universale.
Conoscere altre persone che stanno affrontando lo stesso disturbo o disagio, ci permette di renderci conto che non siamo i soli a sentire quella sofferenza.
Gli altri provano le nostre stesse emozioni, hanno dubbi e paure esattamente come noi.
Questo ci fa sentire compresi e non giudicati.
Inoltre, la terapia di gruppo ci infonde coraggio, ci dà conforto e speranza.
Vedere altre persone che si mettono in gioco, affrontando quello che temono di più, ci dà la forza di fare lo stesso. Assistere ai loro successi, ci dà la spinta per andare avanti.
C’è poi un altro fattore da tenere in considerazione quando si entra in gruppo di terapia.
Il gruppo è un’entità aperta, in continuo movimento e mutamento. Ciò significa che al suo interno si confrontano persone che si trovano in punti diversi del percorso. Ci sono membri “anziani” che partecipano alle sedute da più tempo e membri “giovani”, che sono entrati più tardi.
I primi sono come dei fratelli maggiori, che hanno già affrontato alcune tappe e possono farci da esempio. Se loro ce l’hanno fatta, anche noi possiamo.
Il trauma del bullismo e l’esperienza emotiva sostitutiva in gruppo
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La terapia di gruppo è particolarmente indicata anche per coloro che hanno vissuto esperienze relazionali traumatiche come chi è stato vittima di bullismo
Il gruppo è il contesto in cui cresciamo.
Ma non sempre è un “luogo” sicuro.
Purtroppo, il bullismo è una piaga largamente diffusa, che prende forme diverse.
Si va dalle umiliazioni ripetute alle offese, dalle minacce ai gesti violenti come le percosse o le spinte. Esiste anche il bullismo indiretto che si manifesta come l’esclusione di un membro dal gruppo, che viene isolato e spesso anche denigrato fino a distruggerne completamente l’immagine sociale.
Non accade soltanto a scuola, tra bambini e ragazzi.
Anche sul luogo di lavoro si assiste a fenomeni di questo tipo, che vengono classificati come mobbing orizzontale poiché le violenze, fisiche e psicologiche, avvengono tra colleghi.
Negli ultimi tempi si è andato diffondendo anche il cyberbullismo, la cui caratteristica fondamentale è che le aggressioni avvengono sul web, attraverso gli strumenti digitali. Pensiamo, per esempio agli insulti sui social network, ai video offensivi, alle molestie e via dicendo.
Esperienze di questo tipo lasciano solchi profondi nella nostra psiche e modificano la nostra visione del mondo e degli altri. Quello che sperimentiamo in situazioni del genere ci induce ad associare alla dimensione del gruppo emozioni negative come paura, mortificazione e angoscia.
Sviluppiamo una vera e propria fobia sociale, che ci impedisce di vivere serenamente le relazioni e ci induce a sfuggire situazioni di gruppo nelle quali ci sentiamo a disagio, esposti, sempre potenzialmente in pericolo, esposti al giudizio, alla derisione, al rifiuto o peggio, all’abuso.
Anche se non c’è nulla da temere, viviamo nella paura costante.
Ma, se è il gruppo ad averci traumatizzato, allora è il gruppo a poterci guarire.
In un contesto come quello della terapia di gruppo, infatti, possiamo vivere quella che chiamiamo “esperienza emotiva sostitutiva” cioè un’esperienza (positiva) che andrà a sovrapporsi a quella vissuta in precedenza (negativa), sostituendosi a essa.
In questo modo, andremo a disconfermare la visione del gruppo che si è sedimentata dentro di noi, legata a un vissuto di sofferenza ed esclusione.
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