Diventare genitori è un’esperienza bellissima e terrorizzante.
Scoprire di aspettare un bambino o una bambina porta con sé emozioni straordinarie, desideri e speranze, dubbi e grandi paure. Ti domandi se sarai all’altezza del difficile compito di educarlo, come sarà la vita di coppia dopo la sua nascita e già pensi a come diventerà da grande.
In quei primi momenti e per tutto il tempo in cui aspetti il vostro primo incontro, fantastichi sul suo aspetto. “Avrà i miei stessi occhi? E i capelli? Assomiglierà a me o al mio compagno? Prenderà il carattere del nonno?”
E poi “Sarà un maschietto oppure una femminuccia”?
Vorremmo soffermarci su questa domanda, all’apparenza banale, per introdurre il tema centrale di quest’articolo, dedicato a tutti i genitori di figli transgender.
A quelle mamme e quei papà che si trovano spiazzati e increduli, confusi e anche spaventati di fronte al coming out di un ragazzo o una ragazza che li ha presi in disparte e facendosi coraggio ha detto: “Mamma, papà, sono trans”.
Per aiutarti a capire come si sente tuo figlio o tua figlia e come sostenerlo nel suo percorso di vita e nella costruzione della sua identità, dobbiamo fare alcune premesse, spiegando alcuni concetti fondamentali:
sesso biologico
espressione di genere
identità di genere
orientamento sessuale

Cosa significa essere transgender? Le diverse componenti dell’identità sessuale
Il sesso biologico: nascere maschio o femmina
Quando ci domandiamo se un bambino sarà maschio o femmina, stiamo parlando del sesso biologico o meglio del “sesso assegnato alla nascita”.
Esso, infatti, viene stabilito nel momento in cui veniamo alla luce, sulla base delle caratteristiche fisiche del nostro corpo. Al momento del parto, i medici osservano i genitali esterni e segnano sul modulo se il bambino è M (maschio) o F (femmina).
Tale indicazione, quindi, si basa su un fatto biologico e dipende non soltanto dall’aspetto anatomico ma anche dal corredo cromosomico che sarà XY per il maschio e XX per la femmina.
Discorso chiuso, quindi?
In verità no. Non sempre, infatti, è possibile stabilire con certezza assoluta se un neonato appartiene al sesso maschile o a quello femminile semplicemente guardandolo.
Non è tutto o bianco o nero. Esistono delle sfumature intermedie.
Alcune persone nascono con genitali ambigui, non definibili o che presentano delle alterazioni a livello dei cromosomi. Il loro corpo non corrisponde alla definizione standard e binaria di maschile o femminile.
Per questo, la medicina ha coniato il termine “intersessuali”, definendo così tutti coloro che si trovano in una situazione intermedia, a cavallo tra l’uno e l’altro sesso, senza appartenere a nessuno dei due in modo esclusivo.
L’espressione di genere: come mi mostro nel mondo
Ma se questo è il sesso, allora cos’è il genere?
Dobbiamo fare una distinzione tra l’espressione di genere e l’identità di genere, che rappresentano due componenti dell’identità sessuale di ogni individuo.
L’espressione di genere è il modo in cui esprimiamo la nostra appartenenza a l’uno o all’altro sesso (o a entrambi o a nessuno dei due), la nostra identità di uomo, di donna o di persona non binaria, cioè che non si riconosce esclusivamente nel maschile o nel femminile.
In sostanza, vanno sotto l’etichetta di “espressione di genere” tutte quelle manifestazioni che ci permettono di comunicare a noi stessi e alle persone che ci circondano il nostro genere.
Alcuni esempi?
Esercitiamo un’espressione di genere quando scegliamo il tipo di vestiti da indossare (pensiamo a quanto siano connotati come femminili o maschili alcuni indumenti) o il taglio di capelli (lunghi, corti?), il nostro modo di muoverci, di camminare, di parlare, di gesticolare…
Esprimiamo il genere anche attraverso le attività che svolgiamo oppure il tipo di carriera che scegliamo per noi stessi.
Se ci soffermiamo per un attimo, ci rendiamo conto di come la nostra società abbia delle precise regole non scritte che sanciscono senza ombra di dubbio cosa possa essere concepito come maschile, tipico degli uomini, e cosa possa essere, invece, considerato femminile.
Lo vediamo nel quotidiano, quando un genitore dice al proprio figlio maschio: “Non piangere, non fare la femminuccia” e alla propria figlia femmina: “Comportati da signorina”.
Queste espressioni del tutto ingenue lasciano intendere che esistono modi precisi di essere e comportarsi come un uomo o una donna.
In alcuni contesti, tali norme non scritte sono ancora più rigide. Tanto che coloro che le violano, non conformandosi all’aspettativa degli altri, vengono severamente puniti.

L’identità di genere: chi sento di essere
L’identità di genere, invece, rappresenta la sensazione di chi siamo come uomini e donne, ciò in cui ci identifichiamo, al di là del nostro aspetto esteriore e della nostra genetica.
Ci sono persone in cui sesso biologico e identità di genere coincidono. Sono maschi e femmine cisgender, che appaiono come uomini e donne, ragazzi e ragazze, e si sentono tali.
Ma esistono anche persone che vivono una contraddizione tra questi due elementi.
Ragazzi come tuo figlio che nascono in un corpo maschile ma sentono di appartenere al genere femminile. O viceversa, ragazze che nascono in un corpo femminile e sentono di essere uomini.
A differenza del sesso che riguarda il corpo, l’identità di genere rappresenta la comprensione interna che abbiamo di noi stessi. Ha a che vedere con la mente, con ciò che pensiamo di noi in quanto maschi, femmine, entrambi o nessuno dei due.
Orientamento sessuale
Spesso, i genitori di ragazzi transgender si trovano confusi quando approcciano per la prima volta la questione.
“Quindi mio figlio è gay?” “Quindi a mia figlia piaceranno le donne?” si chiede più d’uno.
Queste mamme e questi papà, preoccupati del benessere dei propri ragazzi e privi degli strumenti necessari, confondono l’identità di genere con l’orientamento sessuale, dando per scontato che essere transgender corrisponda all’essere omosessuale.
Stiamo parlando, però, di due componenti distinte dell’identità di ciascuno, che non procedono necessariamente in parallelo.
L’orientamento sessuale, infatti, descrive l’attrazione fisica ed emotiva verso altre persone, che possono appartenere al sesso/genere opposto (eterosessualità) oppure allo stesso sesso/genere (omosessualità).
Tutti noi abbiamo un’identità di genere e un orientamento sessuale.
Cioè tutti noi percepiamo noi stessi come uomini/donne, entrambi o nessuno dei due e, allo stesso tempo, sappiamo da cosa siamo attratti dal punto di vista sessuale ed emotivo/romantico.

Come comportarsi con un figlio trans: consigli per aiutarlo nel suo percorso
Fatte queste dovute premesse, vorremmo darti alcuni consigli pratici che costituiscano una sorta di piccolo vademecum. Non si tratta di un manuale di regole del buon genitore, ma piuttosto di alcune linee guida che possono aiutarti a sostenere tuo figlio o tua figlia, che si tratti di un bambino o di un adolescente, lungo il suo percorso di scoperta e affermazione della propria identità.
Non tratteremo la questione della diagnosi e della transizione di genere, poiché abbiamo già dedicato un approfondimento a questo delicato tema. Puoi trovarlo cliccando su questo link.
Usate il nome e i pronomi che si è scelto/a
Sappiamo quanto il percorso di accettazione della condizione tansgender di un figlio sia complesso, a causa di pregiudizi e paure.
Può apparirti “strano” e inconsueto che quel bambino o quella bambina che ami con tutto il tuo cuore, ti chieda di usare un altro nome, che ha scelto lui/lei, anziché quello che gli o le hai dato tu alla nascita.
Quel nome per lui o lei è importante, anzi fondamentale.
Scegliere di usarlo, rispettando la sua volontà, significa far sentire a tuo figlio che lo ami, lo vedi e lo accetti così com’è, per la persona che è.
Allo stesso modo, voi genitori dovreste cercare di usare i pronomi che vi vengono indicati, anche se, in un primo momento, può farvi sentire a disagio.
È la cosa giusta da fare.
Non focalizzatevi sui problemi, ma sostenete la resilienza dei figli trans
Tanti genitori di bambini e ragazzi transgender sono spaventati dalle difficoltà che i loro figli dovranno affrontare nella vita, confrontandosi con una società che spesso, purtroppo, non è ancora pronta ad accogliere e portare a valore le differenze intrinseche di ogni individuo.
Nonostante questo, però, voi genitori non dovete focalizzarvi soltanto sui problemi.
Questi ragazzi, se sostenuti, sono in grado di attraversare ogni avversità, di superare anche gli ostacoli più grandi che incontreranno sul proprio cammino, grazie alla loro incredibile resilienza.
Compito di voi genitori è aiutarli a vedere questa resilienza, questa capacità di resistere agli urti della vita, facendo fronte ai periodi critici.
Riconoscete il suo coraggio nell’essere sé stesso/a
Per essere sé stessi fino in fondo ci vuole davvero tanto coraggio, un’incredibile forza interiore che spinge a rimanere coerenti, saldi nonostante tutto quel che accade intorno e che ci colpisce duramente, a volte.
Per questo, i genitori di bambini e ragazzi transgeder dovrebbero riconoscere quel coraggio nei loro figli, la loro forza e determinazione nel voler perseguire un obiettivo, nel prendersi cura della propria salute mentale e fisica.
Non riducete il loro percorso di affermazione di genere a parti del corpo in più o in meno
Come abbiamo detto all’inizio, essere transgender significa identificarsi con un genere diverso dal sesso che ci viene assegnato alla nascita, su base corporea.
Molte persone decidono di intraprendere un percorso di affermazione di genere per sanare questa incongruenza, adattando il proprio aspetto esteriore al loro sentire, al loro mondo interiore.
Ciò significa partecipare a sedute di psicoterapia, assumere farmaci e, talvolta, sottoporsi a delicati interventi chirurgici.
Tuttavia, essere uomo, donna, entrambi o nessuno dei due è molto di più che avere o meno una certa parte del corpo. Non ha soltanto a che fare con pene, vagina, pettorali o seno.
Come evidenziato da Elihah Nealy, terapeuta e professore all’università di Saint Joseph in Hartford (Connecticut), uomo transgender che lavora da oltre 25 anni all’interno di comunità lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer, una donna che ha subito una mastectomia radicale cioè l’asportazione del seno in seguito a un cancro, non è meno donna.
Non smette di essere donna perché non ha più una parte del corpo connotata come femminile.
“La prima volta che dissi al mio terapeuta di voler iniziare la mia transizione, la risposta fu: “Vuoi un pene? Un pene? È questo che vuoi: un pene?”. Quella fu l’ultima volta che ne parlai in quel contesto. E fu anche l’ultima volta che ne parlai per altri cinque anni” racconta Nealy.
Cosa significa tutto questo?
Che non è opportuno né rispettoso ridurre ciò che provano i ragazzi trans a parti del corpo, al volere un certo aspetto.
Di conseguenza, è indiscreto e indelicato chiedere loro quali interventi intendono fare o hanno fatto, a meno che non siano loro a entrare in argomento, parlandone apertamente.
Fate attenzione alla sua esperienza di trauma
Se hai un figlio o una figlia transgender che ha fatto coming out con te soltanto adesso, forse hai la necessità di soffermarti sulla sua esperienza fino a questo momento.
Come è stato per lui o lei non sentirsi riconosciuto/a per così tanto tempo?
Ha subito emarginazione e discriminazioni per la sua condizione?
Cosa gli/le è stato detto o fatto?
Spesso, non ci rendiamo conto di quanto traumatica possa essere l’esperienza delle persone transgender, vittime di un mondo che continua a dire loro che non sono quel che sono, che sono sbagliati, che sono contronatura.
L’impatto di tutto questo è fortissimo su di loro, soprattutto se si tratta di giovani.
La questione si complica ulteriormente se pensiamo a quanto la violenza e la sopraffazione siano trasversali, andando a colpire vari aspetti della vita di un individuo, che si intersecano con espressione e identità di genere.
Pensiamo, per esempio, ai ragazzi transgender di colore o appartenenti a specifiche etnie e minoranze presenti in un paese come l’Italia.
Questi ragazzi accumulano una quantità enorme di rabbia, frustrazione e dolore a causa di una molteplicità di discriminazioni: quelle legate al genere, all’identità, all’espressione, all’orientamento sessuale e anche all’identità etnica/razziale.
Permettete a vostro figlio di incontrare altre persone transgender di successo
Purtroppo, ancora ai giorni nostri, l’immagine delle persone trans diffusa dai media e spesso interiorizzata dalla gente comune, corrisponde a quella di persone mentalmente disturbate, pervertite, promiscue, immorali, disoccupate o relegate ai margini della società, costrette a guadagnarsi da vivere nei modi più meschini possibili.
Queste sono le immagini che, purtroppo, tuo figlio si trova davanti agli occhi ogni giorno, quando fa zapping e sente le notizie del telegiornale o scrolla la home di Facebook e intercetta un post a riguardo, colmo di commenti negativi.
Tutto questo non può far altro che minare la sua fiducia e la speranze nel futuro, farlo sentire inadeguato, perso.
L’orizzonte si fa ancora più nero se quel ragazzo è molto giovane e non ha i mezzi e il sostegno necessario per intraprendere una terapia ormonale e cominciare un percorso di transizione.
“Vivere in una famiglia che rifiuta chi sei può darti la sensazione di essere pazzo. Pensare che dovrai vivere tutta la vita in un corpo che non ti rappresenta, e con la gente intorno a te che ti dà del ragazzo quando sei una ragazza, può far pensare che la vita non sia degna di essere vissuta” spiega Elihah Nealy, che quest’esperienza l’ha vissuta e guardata da molto vicino.
È necessario, allora, aprire uno spiraglio e lasciar entrare la luce perché questi figli possano andare fiduciosi verso la vita.
Non basta promettere che prima o poi andrà meglio.
Occorre metterli in condizione di vivere meglio qui e ora, nel momento presente, perché non perdano il desiderio di stare al mondo. Per questo, dovresti permettergli di incontrare e conoscere altre persone transgeder che “ce l’hanno fatta”, che sono riuscite nel loro progetto di vita, che hanno un lavoro, una famiglia, qualcuno che li ama.
Mettetelo in contatto con ragazzi e ragazze della sua età
Molti ragazzi transgender vivono in una pesante condizione di isolamento che li fa sentire come se non ci fosse nessun altro come loro.
Come se fossero gli unici a sentirsi in quel modo.
Per il loro benessere, è opportuno che incontrino e stiano in compagnia di altri ragazzi e ragazze trans, con cui condividere esperienze, pensieri ed emozioni, sentendosi parte di una comunità e non staccati dal mondo intero, soli e senza nessuno che possa capirli davvero.
Se vuoi aiutare tuo figlio, puoi cercare nella tua zona gruppi simili. Oppure potresti fondare e diffonderne uno, impegnandoti in prima linea.
“Stare con persone come noi genere possibilità e speranza”
Ricordagli quanto gli/le vuoi bene, ogni giorno
Se sei il padre o la madre di un bambino o un ragazzo transgender, ricordagli ogni giorno il tuo amore.
Digli “Di’ voglio bene”, anche se fai fatica a comprendere e accettare quello che sta accadendo.
Mostragli il tuo affetto, anche se pensi che essere transgender sia sbagliato.
Delle volte, forse avrai la necessità di esprimere quei pensieri e confessare il fatto che non capisci, che ti è stato insegnato qualcosa di diverso, che non sai bene come comportarti, cosa fare o dire. Ma in ogni caso, gli vuoi bene e gli stai vicino.
Perché è tuo figlio/tua figlia e la sua vita ha un grande valore.
Presso il nostro studio di psicologia e psicoterapia a Roma Prati, sono presenti numerosi professionisti qualificati, psicologi e psicoterapeuti esperti nell’accompagnare i giovani ragazzi transgender nel loro percorso di transizione.
Contattaci al 327 297 1456. Un terapeuta del centro prenderà in carico la tua richiesta. A seguito di un colloquio telefonico preliminare, in cui riceverai tutte le informazioni necessarie, potrai fissare un appuntamento per valutare un percorso di psicoterapia a Roma Prati.
Il nostro centro si trova in Circonvallazione Trionfale 145, 00195 Roma, zona Prati.
Il Centro di psicologia e psicoterapia Il Filo di Arianna può essere raggiunto comodamente anche con i mezzi pubblici, vista la vicinanza con due fermate della metropolitana linea A: Cipro e Lepanto.
Bus:
n° 70, 23, 291, 496, 31, 33, 495 (dalle fermate metro Cipro, Flaminio e Valle Aurelia).
Nel caso in cui ce ne fosse bisogno, si potrà valutare anche di seguire una psicoterapia a distanza, avvalendosi di colloqui online attraverso videochat Zoom.